sabato 28 aprile 2012

La corsa all'Eliseo di Monsieur Nicolas


E' Nicolas Chauvin, e non il suo omonimo Sarkozy, il vero candidato delle elezioni presidenziali francesi.
Lo sciovinismo, che dalla figura di Chauvin prende appunto il nome, è infatti il leitmotiv di questa spasmodica volata verso il ballottaggio tra i due candidati rimasti in lizza, il socialista François Hollande e il presidente uscente pseudo-gollista Nicolas Sarkozy.

Reale o mitologico che sia, il personaggio di Chauvin ha senza dubbio impresso il suo marchio nel secondo scorcio di campagna elettorale dei due pretendenti, impegnati in una sfida all'ultima dichiarazione di stampo prettamente indipendentista.
Immersi nell'inevitabile consesso europeo, i due pugili hanno infatti inanellato una serie di uscite sul ruolo della Francia in una Unione Europea sempre attanagliata dalla crisi, ognuno rimarcando il fatto di non "farsi dettare l'agenda" da protagonisti o dinamiche non francofone.

Lo ha detto senza perifrasi Hollande: "i mercati non ci dettano la via", e anche "la Merkel non può decidere da sola per tutta l'Europa" Francia compresa, bien sur.
Come agenzie di stampa e quotidiani di tutto il Vecchio Continente riportano in questi giorni, il leader socialista si sta facendo portavoce di una propria ricetta per portare Eurolandia fuori dal pantano, rimettendo in discussione la supremazia della Germania: vuoi per intima e sincera ideologia, ma è inequivocabile il ricorso al fiero patriottismo dei "mangia-baguettes".

Il candidato del PS si riconferma provetto campione dello sciovinismo anche nella polemica aperta con il settimanale inglese The Economist, che nei giorni scorsi ha fatto apertamente il tifo per il rivale Sarkò.

Colui che paga le bollette a madame Carlà, dal canto suo, ha messo in chiaro di non "farsi dare ordini dal presidente della Bce Mario Draghi", mettendosi quindi in evidenza come campione di quella "France forte" diventata suo slogan elettorale.


A decidere il risultato finale, ovviamente, potrebbe essere quel 17,9% di votanti che nel primo turno ha preferito il candidato della destra xenofoba Marine Le Pen: per accaparrarsi la fetta più grande della torta, i duellanti rimasti in gara stanno coniugando i loro opposti sciovinismi con i temi cari agli elettori del Front National, dalle politiche sull'immigrazione alla legge anti-burqa.


La virata a destra, però, appare paradossalmente più evidente in Sarkozy, al punto che il suo ex collega Dominique de Villepin, primo ministro sotto Chirac quando Sarkò ricopriva la carica di ministro dell'interno, si è detto "spaventato" dalla campagna elettorale del presidente uscente, troppo appiattito, a suo dire, sul programma lepenista.


Prima del ballottaggio, tra poco più di una settimana, potranno esserci nuovi testa a testa, ma anche nuovi colpi di scena: non ultimo, quello riguardante l'ex presidente del Fmi Dominique Strauss-Kahn, tagliato fuori dalla corsa all'Eliseo a causa dell'ormai noto scandalo sessuale del Sofitel.
L'ex favorito per la nomination socialista, infatti, ha accusato Sarkozy di aver architettato una vera e propria congiura ai suoi danni, servendosi dei servizi segreti d'oltralpe per estrometterlo dalla candidatura.


Puttaniere impenitente o vittima di una trappola, DSK rischia però di mettere in imbarazzo il compagno di partito Hollande, che  è tuttora in testa nei sondaggi.
Il resto d'Europa, intanto, rimane con il fiato sospeso, in attesa di vedere quali riverberi per le politiche comunitarie potrà avere il responso delle urne.