lunedì 21 dicembre 2009

Il più bel Regalo di Natale.



Nel dicembre del 2008 il Teatro alla Scala di Milano ospitava un evento senza precedenti in Italia. Il Maestro di origini ebraiche Daniel Barenboim dirigeva la "West-Eastern Divan Orchestra", in uno scenario che consacrava il mezzosoprano Waltraud Meier nelle vesti di Isolde del “Tristano” di Wagner. Un' interpretazione definita letteralmente dalla critica “indimenticabile”. Ma ancor più di questo, ciò che desta massimamente ammirazione è il “miracolo” che si materializzava tra la cavea e la scena. La sinergia degli strumenti, i ritmi incalzanti, sublimi, l’ossessione e la sospensione armonica dell’emozionante dramma romantico in tre atti, era realizzato da un’insieme di persone che nella quotidianità dei fatti, si è abituati a riconoscere, purtroppo, su fronti opposti. Fondata nel 1999 dallo stesso direttore-pianista con il letterato palestinese Edward Said, The West-Eastern Divan Orchestra raggruppa oltre 100 elementi di diverse nazionalità dei Paesi mediorientali prevalentemente Palestinesi ed Israeliani, con l’obiettivo di promuovere il dialogo tra le culture in conflitto. Il nome stesso dell’orchestra, infatti, si ispira all’omonima raccolta di poemi di Wolfgang Goethe, nella quale i versi del mondo latino sono affiancati a quelli del mondo arabo. Arabi ed Israeliani, insieme e in perfetta armonia di intese per la realizzazione di uno spettacolo comune, attraverso la gratuità e la leggerezza della bella musica. "Siamo convinti che non esista una soluzione militare per il conflitto israeliano-palestinese – scrivono i musicisti - Gli ultimi decenni hanno dimostrato la futilità di questo modo di pensare, e noi rappresentiamo un modello alternativo basato su uguaglianza, cooperazione e giustizia per tutti". Citano la loro esperienza come esempio di convivenza, che ha permesso loro di "avere una assai più profonda comprensione dell'altro e invocano "liberta' e uguaglianza fra israeliani e palestinesi", condannando tanto le scelte del governo israeliano nelle ultime due settimane quanto le azioni di Hamas. Chiedono "onesti e giusti negoziati fra tutte le parti interessate" e che il cessate-il-fuoco sia solo il primo passo verso il riconoscimento reciproco. “È tempo, dopo tanto spargimento di sangue, di trovare una soluzione durevole di coesistenza - concludono - piuttosto che dei rimedi tattici a breve termine”. Tante le considerazioni, valutazioni, interventi, polemiche e -mi si permetta – chiacchiere, che sono state compiute sul tema nelle più disparate sedi, ed in questa nulla di ciò si propone. Ciò che vorrei rimanesse di queste poche parole scritte di getto e senza pretese, è il messaggio chiaro ed inequivocabile nella sua semplicità: una convivenza civile è auspicabile, possibile e praticabile. Proprio la dimostrazione concreta attraverso un insieme di individui che divengono una sola cosa, un’orchestra, proprio in ciò risiede la parte più affascinante ed intellettualmente stimolante questa esperienza. Un concerto non ha la forza di modificare problematiche annose e sedimentate ormai da decenni tra culture e politiche spesso radicalmente opposte, questo è palese a chi scrive come a chi legge, ma di certo- lo si riconosca- vince una sfida importante. La musica è armonia e sinergia per definizione, ma non è solo questo. È grazie alla “qualità” di chi la realizza, di chi pensa, scrive, suona, dirige, lavora, vive senza limitarsi a sopravvivere, che le sfide possono e devono essere affrontate, quella stessa qualità che permette agli uomini di essere proiettati verso il futuro, che permette loro di sperare ancora, e poi ancora, senza voltarsi mai indietro. Così di fronte alla morte di Isolde nel Tristano, come di fronte all’avvilimento dei continui fallimenti dei negoziati. Le sfide vanno affrontate e vanno vinte.

mercoledì 9 dicembre 2009

L'Odio




Chi ha avuto l'occasione di frequentarmi quel tanto che basta per consentire il disgelo, è a conoscenza della mia sollecita abitudine (mia come di altri milioni di persone nel mondo) d'intrattenermi con edificanti letture nella mia pratica quotidiana di 'riflessione sull'universo'. Orbene, proprio ieri ero in bagno, inutilmente intenta a leggere per la terza volta la lista degli ingredienti sul retro del tubetto di dentifricio in cerca d'ispirazione, quando ormai stanca mi sono guardata attorno in cerca di qualcos'altro a portata di mano, e mi è saltato agli occhi un flacone di integratori alimentari. Non avendo ancora avuto il piacere di leggerne le scritte sulla confezione, e ben felice di accantonare l'infruttuoso studio del dentifricio, l'ho afferrato e mi sono rimessa 'all'opera'. Niente di esaltante in realtà; queste reclame sembrano uscite tutte dallo stesso stampo. Ma, allora perché vi sto raccontando tutto questo? Non certo per tediarvi con le mie pratiche, comuni ma poco eleganti. Ve lo sto raccontando perché una cosa mi ha colpito, e vorrei rifletterci un po' su con voi.
Una delle innumerevoli lodi della famosa casa di produzione recita:

“La storica azienda x dal 1987 ha scelto come obiettivo il “Benessere dell'individuo(grassetto loro), con prodotti di alta qualità che mirano a soddisfare le esigenze di consumatori (corsivo mio) sempre più attenti ed informati”.

Forse, se ieri non avessi visto 'L'Odio' di Mathieu Kassovitz, ora non sarei qui a raccontarvi tutto questo.
Forse avrei continuato indisturbata la mia lettura, come avranno fatto le centinaia di persone che, come me, si sono trovate sotto mano quel flacone, lungo le corsie dei supermercati; o nei loro bagni. Forse. Ma una frase ha continuato a ronzarmi in testa per tutto il giorno, una frase dell' 'Odio', che per qualche strano motivo, che non riuscivo a spiegarmi, si confondeva a tratti con 'Benessere dell'individuo' e 'consumatori':
“La sapete la storiella, quella di un uomo che cade da un palazzo di cinquanta piani, e mano a mano che cadendo passa da un piano all'altro, il tizio per farsi coraggio si ripete: "Fino a qui, tutto bene. Fino a qui, tutto bene. Fino a qui, tutto bene...”
'Benessere dell'individuo'. 'Fino a qui, tutto bene'. 'Esigenze del consumatore'. 'Fino a qui, tutto bene'.
Epifania.
Possibile che in una insipida frase su un flacone di integratori alimentari, fosse racchiusa tutta l'essenza del malessere di un'epoca, che l' 'Odio' aveva tentato di spiegare durante le due ore del film? Di certo il legame vi sembrerà un po' labile e forzato. E forse lo è. Ma cercate di seguirmi nella mia epifania.
Il 'Benessere dell'individuo consumatore' è il fulcro del problema. Una società è un 'qualcosa' maggiore della mera somma delle sue parti. L'individuo, per definizione, è singolo, e una somma di individui non fa una società, ma un aggregato.
Checchè ne dicano i sociologi, l'inferenza è: non può esistere una società d'individui. Punto. Le 'esigenze dell'individuo' non coincidono con le esigenze della società. Il 'benessere dell'individuo' di certo non contribuisce a creare una società migliore. Siamo tanto 'esigenti' e 'informati' per quanto riguarda i nostri bisogni di individui-consumatori, quanto siamo indifferenti e volontariamente sordi nei confronti di quelle che sono le esigenze atte a tenere in piedi una società.
L'importante è ripetersi, per farsi coraggio: 'fin qui tutto bene'. Ma 'fin qui tutto bene' significa fin qui tutto bene PER ME, per me che ho ancora abbastanza risorse, e che vedo solo da lontano, riflesso nelle catastrofi private, familiari, individuali degli ALTRI, il ciglio del marciapiede. Eppure, prima o poi lo schianto arriva per tutti. E' una tendenza irreversibile. Almeno fino a quando ci si ostina a consolarsi per le attuali condizioni, per il piano a cui si è arrivati in caduta libera, senza curarsi di spingere un po' più in la' il naso. Fin qui tutto bene, almeno per ora, almeno per me. Ma non c'è niente a cui aggrapparsi.
E l' 'Odio' ce lo sbatte in faccia.
Come sempre i più consapevoli sono quelli che più direttamente e più dolorosamente vengono colpiti, quelli che la caduta non se la fanno in prima classe, spassandosela. Quelli che sfidando le leggi della fisica non cadono come gli altri 'corpi', ma sono sempre i più vicini all'ultimo piano e la morte se la vedono in faccia tutti i giorni, in uno stallo perenne. Sono quelli che, come tutti gli altri, hanno perso il loro statuto di 'cittadini di una società', ma che al contrario degli altri non ne hanno acquisito uno di individui-consumatori. Sono la contraddizione e lo scarto della società post-moderna: i vagabondi che non hanno risorse per schiodarsi dal suolo.
'LE MONDE EST à VOUS !'
Facile a dirsi.
La vita scivola loro tra le mani.
'Voglio andarmene', continuano a ripetersi. Già, ma come?
'Le monde est à vous', se non sapete conquistarvelo con le vostre risorse individuali, è solo colpa vostra.
Ma come?!, se più si divincolano, più rimangono invischiati nella loro melassa di non-statuto? E se più rimangono invischiati, più si arrabbiano, più odiano?
Chi odiano? Loro stessi.
Non hanno altri contro cui incazzarsi.
Il 'sistema' è lassù. Loro laggiù. Se Vinz vuole colpire il sistema, l'unico modo che trova per farlo è sognare di ammazzare un poliziotto. Uno qualunque. “Qualcosa di tangibile a cui sparare, per favore!” è la sua preghiera. Si, perché è troppo, troppo, stare inerti a guardare un 'sistema' che ai loro occhi ha ormai natura metafisica, che può falciarli così facilmente, così dolorosamente, senza nemmeno essere visto. Tantomeno colpito.
E' assurdo, troppo assurdo per essere pienamente compreso.
“Ma il problema non è la caduta. E' l'atterraggio.”
Buon viaggio e buona notte, cari individui-consumatori.

domenica 6 dicembre 2009

Vacanze forzate

Purtroppo causa esami, lavoro,ecc... al momento non siamo in condizione di pubblicare.
A partire dal 18 dicembre avremo più tempo a disposizione.
Buone vacanze forzate a tutti.


Il nucleo alfa di Apolitics Now

martedì 24 novembre 2009

Quando la storia non insegna




Nel 2005 Rainews24 manda in onda un’ inchiesta raccapricciante sui fatti di guerra accaduti a Fallujah. Nel novembre del 2004, un gruppo di Sunniti insorti occupa la città irachena di Fallujah e trucidano quattro contractors della società di sicurezza privata USA Blackwater, appendendo i cadaveri per i piedi ad un ponte. La macchina bellica americana si mette prontamente in moto. Gli USA scatenano il proprio potenziale verso i ribelli, promuovendo un massiccio impiego di bombardieri che rilasciano quelli che la popolazione locale ha definito “fulmini di acido” bianco che solcano, logorano, bruciano qualsiasi cosa tocchino. Vengono utilizzate negli scontri particolari tipologie di “armi speciali”, bombe al fosforo bianco che, rilasciate verso il terreno ed esplodenti a metà del loro percorso, espandono fosforo come venature nell’aria, che ricordano i caratteri dei “fulmini”. In presenza dell’ossigeno che incontra nel tragitto di caduta, il fosforo bianco si accende raggiungendo altissime temperature, si trasforma dapprima in ossido che reagisce rapidamente con l’umidità atmosferica formando una nebbia di acido fosforico, e rende saturo tutto ciò che incontra. Il risultato è agghiacciante. “Abbiamo visto tutti i colori dell’arcobaleno sprigionati dall’esplosione delle granate e dei missili americani”, ha raccontato all’ Inter Press Service (IPS) Ali Sarhan, un insegnante di 50 anni che ha vissuto gli orrori del 2004. Ho visto i corpi diventare ossa e carbonizzarsi all’istante, subito dopo l’esposizione alle bombe al fosforo”. Questa è solo una delle terribili testimonianze di chi ha vissuto direttamente quei momenti, ma il terrore non termina qui. Ciò che più spaventa sono i rapporti dei medici circa gli effetti provocati dall’inalazione dei fumi acidi che non ha risparmiato nessuno, neppure la parte più debole della popolazione. Nell'inverno del 2005 il Guardian denuncia come le “malformazioni croniche e dei tumori nei neonati, sono aumentate di circa 15 volte rispetto al passato”. Molti bambini sono nati con malformazioni congenite, ha riferito all’IPS un pediatra che ha preferito restare anonimo.”Può trattarsi di difetti al cuore, labbro leporino (cheiloschisi), palato spaccato (palatoschisi), sindrome di down, e difetti agli arti”. L’esposizione della madre a sostanze tossiche o a materiale radioattivo può portare all’aborto spontaneo o all’aborto dopo il quinto mese, e a malformazioni congenite”, ha spiegato il medico all’IPS.
Nonostante i terribili effetti testimoniati circa l’utilizzo delle armi sui civili colpiti a Falloujah, l’indignazione mondiale tarda ad arrivare, e gli effetti di tale mancanza al contrario, non tardano a presentarsi. Il 5 gennaio 2008 il Times denuncia un massiccio utilizzo da parte di Israele di fosforo bianco nella striscia di Gaza, un territorio altamente popolato: dopo iniziali reticenze del Governo, Israele ammette di aver utilizzato il fosforo bianco ma solo come “copertura” per le operazioni militari di ritirata e come strumento di “accecamento del nemico” per l’avanzamento delle truppe. Gli ufficiali militari del governo USA come quelli Israeliani si difendono dalle accuse di utilizzare armi “terroristiche”, sostenendo che in realtà l’utilizzo del fosforo non è vietato dalle leggi internazionali quando si usa per semplice copertura delle azioni militari. Il Protocollo III della Convenzione di Ginevra del 1980, vieta l’uso delle armi incendiarie, come le bombe al fosforo e al napalm, ma soltanto se impiegate contro la popolazione civile. I dati sono inequivocabili : la pioggia di acido bianco, solo nella striscia di Gaza, miete 500 vittime e circa 2.300 feriti tra i soli civili e le cifre non differiscono nella sostanza per i fatti di Fallujah.
Finalmente il 15 settembre 2009 l’ONU presenta un dossier di 574 pagine dove si denunciano i fatti occorsi a Gaza City e ove si afferma che l'operazione militare del 27 dicembre era "diretta alla popolazione di Gaza nel suo insieme" per "punirla" e che l'esercito israeliano non ha condotto in maniera appropriata le indagini sulle violazioni compiute. Secondo i giudici, lo stato ebraico "non ha adottato le precauzioni necessarie richieste dal diritto internazionale per limitare le perdite di vite umane e i feriti fra i civili e i danni materiali". Ci si augura che questo possa essere il decisivo passo verso un’inibizione dell’uso di queste armi speciali, di questi “diavoli bianchi”, che non tollera ulteriore differimento.

sabato 21 novembre 2009

La lotta di Greenpeace in Indonesia

Il tuo shampoo delicato potrebbe essere meno innocuo di quanto credi.
Ecco cosa succede quando un governo ha più a cuore le sorti di una multinazionale che quelle del suo popolo.
Benvenuti in Indonesia.

martedì 10 novembre 2009

EPR: come evocare la sindrome cinese in nome del profitto




Il reattore nucleare di terza generazione non è così perfetto come ci vogliono far credere.
A dirlo non sono ecologisti improvvisati ma gli Enti per la sicurezza nucleare di ben tre Paesi europei.

Questa storia ha inizio quando il colosso multinazionale Siemens (passata alla storia come l'industria che fornì al Terzo Reich i macchinari per radiografie usati nella sterilizzazione dei deportati nei campi di concentramento) e il costruttore nucleare francese Areva lanciano il progetto del reattore EPR (European Pressurized Reactor).

La EDF e la sua cugina italiana ENEL decidono di aprire un cantiere in Normandia, a Flamanville, dove erigere una centrale alimentata dal nuovo tipo di reattore.
La costruzione della centrale di Flamanville è un passo decisivo per il rilancio atomico italiano, infatti il Governo ha previsto di costruire sul nostro suolo quattro centrali dello stesso tipo.
Insomma, i nostri ingegneri sono andati in Normandia a degustare ottimi formaggi e a imparare a costruire un colosso nucleare.

In Finlandia un'altra compagnia, la TVO, conclude un contratto con Areva per impiantare un reattore EPR nel sito di Olkiluoto; i lavori vedono la luce nel 2005 e dovrebbero concludersi nel 2009, in verità continui problemi di sicurezza provocano tre anni di ritardo e così il “reattore del futuro” non ha ancora visto la luce.
Altro particolare, il prezzo: in Finlandia la spesa per costruire l'EPR è passata da 3,2 a 5,3 miliardi di Euro ed è così nata una polemica nel Paese scandinavo sull'affaire Areva.
Certo, a noi italiani un ritardo di tre anni e un raddoppio del costo ci sarebbe sembrato quasi un regalo.

Nel frattempo, in Francia, neanche l'altro reattore gode un'infanzia spensierata: il progetto parte già in ritardo rispetto a quello finlandese e anche qui i ritardi si accumulano sempre a causa di lungaggini burocratiche relative alla sicurezza dell'impianto.
Intanto Siemens, da bravo investitore, ha capito che l'affare non è più conveniente come credeva, troppi intoppi con gli Enti di sicurezza che ficcano il naso ovunque, e saluta la compagnia.

Ma come mai il reattore di terza generazione, che i nostri esponenti della politica e dell'industria definiscono pulito sicuro e conveniente, ha così tanti problemi e suscita tanti dubbi circa la sua sicurezza?
Semplice, l'EPR è un prototipo il cui progetto non è mai stato approvato integralmente, in pratica si approva e si costruisce pezzo per pezzo giocando a Monopoli con gli scrupolosi Enti di sicurezza nucleare dei vari Paesi.
A chiarirlo sono le lettere che gli Enti sulla sicurezza nucleare di Francia, Finlandia e Regno Unito (che pure si vuole dotare dell'EPR) spediscono ad Areva e ai committenti.

La prima, dell'Ente finlandese STUK, è datata dicembre 2008 ma viene resa nota solo nell'aprile di quest'anno; in essa si pone l'accento su un dettaglio importante del sistema di controllo del reattore.
STUK fa notare che il sistema d'emergenza non è indipendente dal sistema di controllo primario, quindi in caso di anomalia nel funzionamento di quest'ultimo entrambi potrebbero saltare rendendo di fatto il reattore incontrollabile.
Ma sia STUK che Areva sono già a conoscenza di quel non trascurabile dettaglio: l'Ente finlandese aveva già nell'aprile 2008 organizzato un seminario proprio nel tentativo di risolvere la questione.
Areva non si dimostra molto disposta a collaborare, infatti nella missiva del dicembre 2008 STUK rimprovera il costruttore sostenendo che gli esperti mandati da Areva al precedente seminario non avessero la necessaria competenza professionale per fornire sufficienti dettagli tecnici utili a chiarire i dubbi dell'Ente di sicurezza.
STUK fa inoltre notare che nel cantiere di Olkiluoto sono state riscontrate circa 2100 “non conformità” tra il progetto e ciò che veniva effettivamente realizzato.
Il 15 ottobre scorso una nota di STUK denuncia problemi di qualità nelle saldature dei condotti del reattore.
La polemica tra il costruttore, Areva, e il committente, TVO, è tale da spingere la ditta francese a minacciare la sospensione della realizzazione dell'impianto.

Subito dopo è l'Ente britannico, HSE'S ND, a proclamarsi preoccupato per la vicenda del sistema di controllo d'emergenza e chiede chiarimenti anche sulla sicurezza contro eventi esterni, per esempio in caso di incidenti aerei.
Le obiezioni dell'Ente britannico riguardano non solo l'EPR ma anche il prototipo nippo-americano AP-1000.
Nell'ottobre 2009 la ASN, l'Ente di sicurezza nucleare francese, comunica a EDF i suoi dubbi sul sistema d'emergenza e dà tempo fino al termine dell'anno per presentare documenti e informazioni che possano stabilire una volta per tutte se il progetto di Areva è sicuro o meno.

La scorsa settimana i tre Enti hanno rilasciato una dichiarazione congiunta dove ribadiscono le loro preoccupazioni inerenti alla progettazione del sistema di controllo d'emergenza e intimano ad Areva e ai committenti di rimettere mano al progetto.
Il clamore suscitato all'estero determina però la discesa in campo del Governo francese al fianco di Areva: il Primo Ministro François Fillon rilasciando un'intervista a Le Monde, risponde agli Enti sostenendo la validità del progetto di Areva, i cui manager godono della fiducia del Governo.
Fillon continua dichiarandosi sicuro che i problemi verranno risolti e che le centrali francesi saranno le più sicure al mondo.

Non sono molto d'accordo con Fillon le organizzazioni antinucleariste francesi, come Sortir du nucleaire, soprattutto dopo il recente incidente nella vecchia centrale di Tricastin.
La stessa EDF ammette che su 58 reattori situati in Francia 15 sono momentaneamente fermi: la manutenzione degli impianti e lo smaltimento delle scorie costano quasi quanto la rendita.

A casa nostra si muovono in difesa dell'EPR il deputato del PDL Scandroglio e il Ministro per lo Sviluppo Economico Claudio Scajola.
Il primo riferisce che le dichiarazioni degli Enti non devono essere strumentalizzate per tentare di bloccare l'iter nucleare italiano, il secondo sostiene la tesi di Fillon e aggiunge che quando sarà il momento di realizzare gli impianti in Italia i problemi saranno già stati risolti.

Al coro greco si aggiunge l'amministratore delegato dell'ENEL, Fulvio Conti, che assicura i cronisti del fatto che i richiami dei tre Enti non rallenteranno né la realizzazione della centrale di Flamanville né la realizzazione degli impianti italiani, dichiara inoltre che la querelle tra Areva e gli Enti dimostra come l'industria nucleare sia sicura perché sottoposta a controlli continui.
Adesso mi sento rinfrancato e siamo tutti contenti.
L'unica a piangere è Areva che ha visto scendere il valore delle sue azioni del 5%.


lunedì 9 novembre 2009

Bisturi allegri

In questo post gli ultimi sviluppi giudiziari sulla clinica del dottor Mengele, oh no scusate sulla clinica Santa Rita di Milano.
Bon apetit.

giovedì 5 novembre 2009

Le mille bolle bluff - ovvero: dell'economia malata

Parlare di economia malata è forse un controsenso allo stato attuale delle cose; una malattia presuppone un'anomalia transitoria di un 'corpo' altrimenti sano. Persino una malattia cronica prevede un mutamento di stato, da un 'prima' sano a un 'dopo' irrimediabilmente compromesso.

Quindi, parlare di 'economia malata' per l'attuale fisionomia del mercato, forse è sbagliato.
Eppure tutti parlano di crisi del capitalismo, ravvisandone le cause vuoi nella delegittimazione(1),vuoi negli eccessi della politica della briglia sciolta. E allora, questa crisi c'è o non c'è?
Ma certo che c'è! solo, è una crisi endemica, 'ontologica' se vogliamo, in ogni caso inscritta nel DNA del 'corpo' fin dalla sua nascita.

Il capitalismo 'liquido', come lo definisce Zygmunt Bauman(2), è assolutamente coerente coi suoi principi, e ciò comporta problemi globali che non solo non è in grado di risolvere, ma nemmeno ha il minimo interesse a farlo. Il capitalismo non si è ammalato; il capitalismo ammala. Ciò su cui prospera sono quei settori di 'economie non capitalistiche' ancora da sfruttare, ma che una volta spremute non permettono ulteriori manovre. Il meccanismo è quello di una coltura intensiva che non lascia nessun campo a maggese, e laddove il terreno risulta inaridito, viene subito abbandonato: il capitale, questo 'bisonte della strada'(3), è così libero di rimettersi a caccia di nuove terre vergini.

E', cioè, un'economia parassitaria e nomade, che si muove alla ricerca di corpi sani dei quali nutrirsi.
Questo tipo di sopravvivenza comporta sempre la distruzione dell' 'ospite', e quindi delle condizioni della sua prosperità. Di quì il nomadismo.
"La forza del capitalismo sta nella straordinaria ingegnosità con la quale cerca e scopre specie ospitanti nuove ogni qual volta quelle vecchie si estinguono", ci ricorda sempre Bauman.

Opportunista e veloce come un virus, egli si riadatta continuamente ai nuovi territori.
E' ormai assodato che "le avventure del capitalismo si presentano come una successione di bolle che regolarmente si espandono al di là della propria capacità di tenuta, e scoppiano non appena raggiungono il limite della resistenza"(4).
Il capitalismo è fatto di crisi, vive di crisi. Queste non sono da leggersi come segnali di un'imminente fine della fase capitalistica, ma solo dell'esaurimento dell'ennesima bolla-pascolo.

Forse l'interrogativo più inquietante, che saremo prima o poi costretti a porci, è: "quando si esaurirà l'elenco delle terre vergini?".
In altre parole, "quando l'espediente di breve respiro non sarà più applicabile, non apporterà più sollievo a una crisi ormai realmente irreversibile?" .

(1)Jurgen Habermas, Legitiomationsprobleme im Spatkapitalismus [1973]
(2)Zygmunt Bauman, Modernità liquida
(3)Terry Gilliams, cit in Globalizzazione, le conseguenze sulle persone, Z. Bauman
(4)George Soros, n° del 4Dic2008 in N.Y Review of Books- 'The crisis and what to do about it'


mercoledì 4 novembre 2009

Economia malata


Ancor più tristi tropici



Venerdì 30 ottobre se n'è andato, dopo un secolo di brillante esistenza, il padre dello Strutturalismo antropologico, Claude Levi-Strauss.
Il suo apporto nel campo non solo dell'antropologia ma anche della semiotica, della psicologia e della filosofia, è tale da poterlo annoverare tra gli intellettuali più rivoluzionari del novecento.


Ho conosciuto la sua opera al mio primo anno di università leggendo il capitolo di Tristi tropici dedicato ai Bororo, sperduta etnia amazzonica visitata da Levi-Strauss negli anni 30.
Il genio, il metodo e l'umanità di questo grande studioso ci hanno permesso di viaggiare in mondi ormai scomparsi.
Recentemente ha affermato a proposito di come vedeva il nostro futuro: "Non me lo chieda. Siamo in un mondo al quale già sento di non appartenere. Quello che ho conosciuto, che ho amato, aveva un miliardo e mezzo d'abitanti. Il mondo attuale ne conta sei. Non è più il mio. E quello di domani, con nove miliardi di uomini e donne - anche se ci assicurano, per consolarci, che si tratterà del punto più alto della parabola..."


Il mondo è cominciato senza l´uomo e finirà senza di lui.

Proprio nel momento in cui scompare il migliore antropologo che il mondo abbia conosciuto arrivano dall'Amazzonia notizie non proprio felici: Peacereporter annuncia la scomparsa ormai imminente di una intera tribù, gli Akuntsu.
Questa pacifica tribù selvaggia, una delle ultime, conta ormai solo 5 membri, sopravvissuti alla distruzione del loro territorio ad opera dei coltivatori di soia e degli allevatori che operano per conto delle grandi multinazionali alimentari.
Quindi pensateci la prossima volta che sarete in fila nella vostra automobile in attesa di un panino indigesto.



lunedì 2 novembre 2009

I media snobbano l'anniversario della morte di Pasolini

Ecco come funziona la rimozione collettiva.
Oggi cade il trentaquattresimo anniversario della morte misteriosa di uno dei più importanti intellettuali italiani e nessun giornale ne parla.
Allora ho deciso di farlo io.
Potete trovare il link al blog formalmente noto come l'Informale, per il quale scrivo.
Purtroppo ieri un'altra grande ci ha lasciati: Alda Merini.
Potremmo dire che il 2009 è stato un annus horribilis in tutti i sensi, vorrei ricordare che da poco se ne era andata anche un'altra grande donna della letteratura: Fernanda Pivano.
Ieri sera i telegiornali straboccavano di servizi "coccodrillo" inseriti casualmente tra servizi più o meno idioti tipo: come spalmarsi la crema contro le emorroidi o l'inchiesta sulle regole di Topo Gigio per non prendere la Suina ma assicurarsi una dermatite alle mani.
Il punto è: la morte di un intellettuale fa brodo per un giorno, quella di Michael Jackson sta diventando un poema omerico...
Aspetterò tutto il giorno che qualcuno in televisione parli di Pasolini ma qualcosa mi dice che aspetterò invano.

giovedì 29 ottobre 2009

Chiusi per malattia virulenta

AHAH, dovevamo iniziare la nostra avventura!
Purtroppo i germi si sono schierati contro la nostra volontà.
Se ne riparla tra qualche giorno.
Magari allora avremo anche cambiato questa grafica penosa

martedì 20 ottobre 2009

Nasce Apolitics Now

Come direbbe qualcuno, sono tempi difficili.
Sono tempi di vacche magre e cieli gialli.
Sono tempi di regresso, o ancor meglio, di recessione.
La recessione economica è solo l'epilogo naturale di una recessione politica, culturale e ancor più umana.


Si tratta di un processo che affonda le sue radici nella Rivoluzione Industriale e, passando attraverso i totalitarismi e la Guerra Fredda, arriva fino ai nostri giorni.
Con quali conseguenze?
L'uomo a una dimensione, isolato dai suoi simili e schiavo della spinta omologante della post-modernità, ha perso la capacità di usare il dialogo, il confronto, la conversazione "orizzontale", per esprimere il suo "timore della vita".


L'uomo senza qualità è divenuto l'uomo senza legami:
ha perso il senso di comunità a scapito del senso di appartenenza ad ogni costo.
Oggi chi è senza bandiera corre a cercarne una.
Si tratta del tentativo fin troppo facile dell'uomo di risolvere così la complessità odierna: la sua bandiera offre tutte le soluzioni.
Accecato dal suo sterile senso di appartenenza egli è incapace di dialogare accettando la diversità.


Al contrario di quanto sostiene la Teoria della Coda Lunga, noi riteniamo che il Mainstream non sia mai stato così potente come oggi perché la Rete gli permette, nonostante l'impressione sia l'opposta, di soffocare la coda lunga con la sua pesante testa.
Una testa profondamente capitalista e tecnocratica che sta facendo a meno dell'umanità delle persone.


Appunto ciò che ci contraddistingue è la nostra volontà di recuperare, per quanto possibile, un legame umano e aprire una prospettiva di dialogo senza pregiudiziali o limiti dettati da cieche appartenenze o visioni dogmatiche.
Non abbiamo pretese, solo passioni, e pensiamo di poterle far fruttare positivamente con l'aiuto di chi vorrà seguirci, ben consci del fatto che fuori dallo schermo c'è un mondo da ripopolare con idee vergini.


La nostra esperienza ci dice che non si può parlare solo di politica, che non ci si può presentare e identificare per appartenenze.
Pertanto il nostro esperimento di risignificazione del mondo in chiave più umana  si chiama Apolitics Now, facendo il verso al capolavoro di Coppola e al suo apocalittico quesito sul Potere e sui suoi mezzi; ci richiamiamo inoltre al nostro diritto/dovere di liberarci dalle bandiere.


Parleremo, a modo nostro e tangenzialmente, anche di politica, senza far campagne denigratorie o di sostegno: al contrario, saremo ben lieti di trovare sulla nostra strada chi non la pensa come noi.
D'altronde questo "noi" è in fieri ed ognuno ha le sue idee e i suoi valori.
Il nostro, ed anche vostro, blog è uno spazio apolitico dove si può soprattutto parlare della nostra società aggirando la costrizione politica.
Non è vero che tutto è politica, iniziamo a parlare d'altro.


                            Il nucleo alfa di Apolitics Now