lunedì 5 dicembre 2011

Lo spread e la crisi dei missili


Sei mesi di puro terrore e un unico protagonista: lo spread.
Una parola sconosciuta ai più è piombata con feroce prepotenza nelle nostre case, entrando nell'uso comune come il termometro della paura.
Con essa, un altro vocabolo pressoché sconosciuto: default.
Per diverse settimane abbiamo ballato sull'orlo del baratro, scoprendo finalmente il bubbone purulento che per troppo tempo abbiamo nascosto: il fallimento dietro l'angolo, la stessa sopravvivenza della moneta unica a grave repentaglio.

La peste, insomma, si è svelata e solo una cura da cavallo ha potuto abbassare la temperatura, almeno per il momento.
Tra quelle cifre nude e impersonali, la vita, il lavoro e la dignità delle persone, ma questo conta poco, almeno per il sistema sanguinario della finanza, quell'economia di carta che decide della sorte di milioni, se non miliardi, di esseri umani.

La tempesta ha colpito in pieno il ventre molle dell'Europa, quei paesi porci e maiali come Grecia, Italia, Irlanda, Portogallo e Spagna che per troppo tempo hanno nascosto la testa nella sabbia.
Le cicale, insomma, sono andate alla deriva, mentre le formiche, Francia e Germania, hanno deciso di gestire in proprio la baracca.

Il mostro acefalo dei 27 stati, allora, è tornato a correre a diverse velocità, o meglio, a precipitare con accelerazioni differenti: dopo decenni di belle favole, finalmente abbiamo scoperto la verità di un'Europa impossibile.
Un condominio dove ognuno pensa a sé, un coacervo di egoismi in salsa postsciovinista dove, al tempo stesso, nessuno mette le palle sul piatto per andare avanti tutti insieme.

Il futuro è tutto da scrivere, e le prime battute del copione le scriverà il summit dell'Ecofin nei prossimi giorni.
L'Italia, nel suo piccolo, tira la giacchetta ai compari europei, mostrando di essere un'allieva modello con una manovra di portata e contenuti drammatici.
Il risultato più immediato, ovviamente, è stato quello di placare la sete di sangue dei mercati, con quel moloch-spread sceso finalmente a livelli concepibili, o quasi.

La cura, insomma, sembra funzionare, almeno nell'immediato, mettendo così la parola stop al terrore quotidiano che ha mozzato il fiato al paese.
Negli ultimi sei mesi, lo spread ha tolto popolarità ai vari assassini da prima pagina, squarciando con violenza la beata esistenza delle massaie.

Uno scenario da apocalisse imminente che ricorda da vicino la crisi dei missili cubani, che per tredici infiniti giorni dell'ottobre 1962 ha tolto il sonno al mondo intero, convinto di trovarsi di fronte ad un'inevitabile guerra atomica.
Come allora, anche se in tempi più lunghi, lo spauracchio si è trasformato in un bluff.

La boutade, però, non è definitiva: la Guerra Fredda, infatti, è proseguita per altri trent'anni e gli arsenali atomici sono tuttora attivi e pronti all'uso.
Allo stesso modo, il nostro spauracchio del default è solo in pausa, pronto ad esplodere nuovamente da un momento all'altro.