Nel dicembre del 2008 il Teatro alla Scala di Milano ospitava un evento senza precedenti in Italia. Il Maestro di origini ebraiche Daniel Barenboim dirigeva la "West-Eastern Divan Orchestra", in uno scenario che consacrava il mezzosoprano Waltraud Meier nelle vesti di Isolde del “Tristano” di Wagner. Un' interpretazione definita letteralmente dalla critica “indimenticabile”. Ma ancor più di questo, ciò che desta massimamente ammirazione è il “miracolo” che si materializzava tra la cavea e la scena. La sinergia degli strumenti, i ritmi incalzanti, sublimi, l’ossessione e la sospensione armonica dell’emozionante dramma romantico in tre atti, era realizzato da un’insieme di persone che nella quotidianità dei fatti, si è abituati a riconoscere, purtroppo, su fronti opposti. Fondata nel 1999 dallo stesso direttore-pianista con il letterato palestinese Edward Said, The West-Eastern Divan Orchestra raggruppa oltre 100 elementi di diverse nazionalità dei Paesi mediorientali prevalentemente Palestinesi ed Israeliani, con l’obiettivo di promuovere il dialogo tra le culture in conflitto. Il nome stesso dell’orchestra, infatti, si ispira all’omonima raccolta di poemi di Wolfgang Goethe, nella quale i versi del mondo latino sono affiancati a quelli del mondo arabo. Arabi ed Israeliani, insieme e in perfetta armonia di intese per la realizzazione di uno spettacolo comune, attraverso la gratuità e la leggerezza della bella musica. "Siamo convinti che non esista una soluzione militare per il conflitto israeliano-palestinese – scrivono i musicisti - Gli ultimi decenni hanno dimostrato la futilità di questo modo di pensare, e noi rappresentiamo un modello alternativo basato su uguaglianza, cooperazione e giustizia per tutti". Citano la loro esperienza come esempio di convivenza, che ha permesso loro di "avere una assai più profonda comprensione dell'altro e invocano "liberta' e uguaglianza fra israeliani e palestinesi", condannando tanto le scelte del governo israeliano nelle ultime due settimane quanto le azioni di Hamas. Chiedono "onesti e giusti negoziati fra tutte le parti interessate" e che il cessate-il-fuoco sia solo il primo passo verso il riconoscimento reciproco. “È tempo, dopo tanto spargimento di sangue, di trovare una soluzione durevole di coesistenza - concludono - piuttosto che dei rimedi tattici a breve termine”. Tante le considerazioni, valutazioni, interventi, polemiche e -mi si permetta – chiacchiere, che sono state compiute sul tema nelle più disparate sedi, ed in questa nulla di ciò si propone. Ciò che vorrei rimanesse di queste poche parole scritte di getto e senza pretese, è il messaggio chiaro ed inequivocabile nella sua semplicità: una convivenza civile è auspicabile, possibile e praticabile. Proprio la dimostrazione concreta attraverso un insieme di individui che divengono una sola cosa, un’orchestra, proprio in ciò risiede la parte più affascinante ed intellettualmente stimolante questa esperienza. Un concerto non ha la forza di modificare problematiche annose e sedimentate ormai da decenni tra culture e politiche spesso radicalmente opposte, questo è palese a chi scrive come a chi legge, ma di certo- lo si riconosca- vince una sfida importante. La musica è armonia e sinergia per definizione, ma non è solo questo. È grazie alla “qualità” di chi la realizza, di chi pensa, scrive, suona, dirige, lavora, vive senza limitarsi a sopravvivere, che le sfide possono e devono essere affrontate, quella stessa qualità che permette agli uomini di essere proiettati verso il futuro, che permette loro di sperare ancora, e poi ancora, senza voltarsi mai indietro. Così di fronte alla morte di Isolde nel Tristano, come di fronte all’avvilimento dei continui fallimenti dei negoziati. Le sfide vanno affrontate e vanno vinte.
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