martedì 24 novembre 2009

Quando la storia non insegna




Nel 2005 Rainews24 manda in onda un’ inchiesta raccapricciante sui fatti di guerra accaduti a Fallujah. Nel novembre del 2004, un gruppo di Sunniti insorti occupa la città irachena di Fallujah e trucidano quattro contractors della società di sicurezza privata USA Blackwater, appendendo i cadaveri per i piedi ad un ponte. La macchina bellica americana si mette prontamente in moto. Gli USA scatenano il proprio potenziale verso i ribelli, promuovendo un massiccio impiego di bombardieri che rilasciano quelli che la popolazione locale ha definito “fulmini di acido” bianco che solcano, logorano, bruciano qualsiasi cosa tocchino. Vengono utilizzate negli scontri particolari tipologie di “armi speciali”, bombe al fosforo bianco che, rilasciate verso il terreno ed esplodenti a metà del loro percorso, espandono fosforo come venature nell’aria, che ricordano i caratteri dei “fulmini”. In presenza dell’ossigeno che incontra nel tragitto di caduta, il fosforo bianco si accende raggiungendo altissime temperature, si trasforma dapprima in ossido che reagisce rapidamente con l’umidità atmosferica formando una nebbia di acido fosforico, e rende saturo tutto ciò che incontra. Il risultato è agghiacciante. “Abbiamo visto tutti i colori dell’arcobaleno sprigionati dall’esplosione delle granate e dei missili americani”, ha raccontato all’ Inter Press Service (IPS) Ali Sarhan, un insegnante di 50 anni che ha vissuto gli orrori del 2004. Ho visto i corpi diventare ossa e carbonizzarsi all’istante, subito dopo l’esposizione alle bombe al fosforo”. Questa è solo una delle terribili testimonianze di chi ha vissuto direttamente quei momenti, ma il terrore non termina qui. Ciò che più spaventa sono i rapporti dei medici circa gli effetti provocati dall’inalazione dei fumi acidi che non ha risparmiato nessuno, neppure la parte più debole della popolazione. Nell'inverno del 2005 il Guardian denuncia come le “malformazioni croniche e dei tumori nei neonati, sono aumentate di circa 15 volte rispetto al passato”. Molti bambini sono nati con malformazioni congenite, ha riferito all’IPS un pediatra che ha preferito restare anonimo.”Può trattarsi di difetti al cuore, labbro leporino (cheiloschisi), palato spaccato (palatoschisi), sindrome di down, e difetti agli arti”. L’esposizione della madre a sostanze tossiche o a materiale radioattivo può portare all’aborto spontaneo o all’aborto dopo il quinto mese, e a malformazioni congenite”, ha spiegato il medico all’IPS.
Nonostante i terribili effetti testimoniati circa l’utilizzo delle armi sui civili colpiti a Falloujah, l’indignazione mondiale tarda ad arrivare, e gli effetti di tale mancanza al contrario, non tardano a presentarsi. Il 5 gennaio 2008 il Times denuncia un massiccio utilizzo da parte di Israele di fosforo bianco nella striscia di Gaza, un territorio altamente popolato: dopo iniziali reticenze del Governo, Israele ammette di aver utilizzato il fosforo bianco ma solo come “copertura” per le operazioni militari di ritirata e come strumento di “accecamento del nemico” per l’avanzamento delle truppe. Gli ufficiali militari del governo USA come quelli Israeliani si difendono dalle accuse di utilizzare armi “terroristiche”, sostenendo che in realtà l’utilizzo del fosforo non è vietato dalle leggi internazionali quando si usa per semplice copertura delle azioni militari. Il Protocollo III della Convenzione di Ginevra del 1980, vieta l’uso delle armi incendiarie, come le bombe al fosforo e al napalm, ma soltanto se impiegate contro la popolazione civile. I dati sono inequivocabili : la pioggia di acido bianco, solo nella striscia di Gaza, miete 500 vittime e circa 2.300 feriti tra i soli civili e le cifre non differiscono nella sostanza per i fatti di Fallujah.
Finalmente il 15 settembre 2009 l’ONU presenta un dossier di 574 pagine dove si denunciano i fatti occorsi a Gaza City e ove si afferma che l'operazione militare del 27 dicembre era "diretta alla popolazione di Gaza nel suo insieme" per "punirla" e che l'esercito israeliano non ha condotto in maniera appropriata le indagini sulle violazioni compiute. Secondo i giudici, lo stato ebraico "non ha adottato le precauzioni necessarie richieste dal diritto internazionale per limitare le perdite di vite umane e i feriti fra i civili e i danni materiali". Ci si augura che questo possa essere il decisivo passo verso un’inibizione dell’uso di queste armi speciali, di questi “diavoli bianchi”, che non tollera ulteriore differimento.

sabato 21 novembre 2009

La lotta di Greenpeace in Indonesia

Il tuo shampoo delicato potrebbe essere meno innocuo di quanto credi.
Ecco cosa succede quando un governo ha più a cuore le sorti di una multinazionale che quelle del suo popolo.
Benvenuti in Indonesia.

martedì 10 novembre 2009

EPR: come evocare la sindrome cinese in nome del profitto




Il reattore nucleare di terza generazione non è così perfetto come ci vogliono far credere.
A dirlo non sono ecologisti improvvisati ma gli Enti per la sicurezza nucleare di ben tre Paesi europei.

Questa storia ha inizio quando il colosso multinazionale Siemens (passata alla storia come l'industria che fornì al Terzo Reich i macchinari per radiografie usati nella sterilizzazione dei deportati nei campi di concentramento) e il costruttore nucleare francese Areva lanciano il progetto del reattore EPR (European Pressurized Reactor).

La EDF e la sua cugina italiana ENEL decidono di aprire un cantiere in Normandia, a Flamanville, dove erigere una centrale alimentata dal nuovo tipo di reattore.
La costruzione della centrale di Flamanville è un passo decisivo per il rilancio atomico italiano, infatti il Governo ha previsto di costruire sul nostro suolo quattro centrali dello stesso tipo.
Insomma, i nostri ingegneri sono andati in Normandia a degustare ottimi formaggi e a imparare a costruire un colosso nucleare.

In Finlandia un'altra compagnia, la TVO, conclude un contratto con Areva per impiantare un reattore EPR nel sito di Olkiluoto; i lavori vedono la luce nel 2005 e dovrebbero concludersi nel 2009, in verità continui problemi di sicurezza provocano tre anni di ritardo e così il “reattore del futuro” non ha ancora visto la luce.
Altro particolare, il prezzo: in Finlandia la spesa per costruire l'EPR è passata da 3,2 a 5,3 miliardi di Euro ed è così nata una polemica nel Paese scandinavo sull'affaire Areva.
Certo, a noi italiani un ritardo di tre anni e un raddoppio del costo ci sarebbe sembrato quasi un regalo.

Nel frattempo, in Francia, neanche l'altro reattore gode un'infanzia spensierata: il progetto parte già in ritardo rispetto a quello finlandese e anche qui i ritardi si accumulano sempre a causa di lungaggini burocratiche relative alla sicurezza dell'impianto.
Intanto Siemens, da bravo investitore, ha capito che l'affare non è più conveniente come credeva, troppi intoppi con gli Enti di sicurezza che ficcano il naso ovunque, e saluta la compagnia.

Ma come mai il reattore di terza generazione, che i nostri esponenti della politica e dell'industria definiscono pulito sicuro e conveniente, ha così tanti problemi e suscita tanti dubbi circa la sua sicurezza?
Semplice, l'EPR è un prototipo il cui progetto non è mai stato approvato integralmente, in pratica si approva e si costruisce pezzo per pezzo giocando a Monopoli con gli scrupolosi Enti di sicurezza nucleare dei vari Paesi.
A chiarirlo sono le lettere che gli Enti sulla sicurezza nucleare di Francia, Finlandia e Regno Unito (che pure si vuole dotare dell'EPR) spediscono ad Areva e ai committenti.

La prima, dell'Ente finlandese STUK, è datata dicembre 2008 ma viene resa nota solo nell'aprile di quest'anno; in essa si pone l'accento su un dettaglio importante del sistema di controllo del reattore.
STUK fa notare che il sistema d'emergenza non è indipendente dal sistema di controllo primario, quindi in caso di anomalia nel funzionamento di quest'ultimo entrambi potrebbero saltare rendendo di fatto il reattore incontrollabile.
Ma sia STUK che Areva sono già a conoscenza di quel non trascurabile dettaglio: l'Ente finlandese aveva già nell'aprile 2008 organizzato un seminario proprio nel tentativo di risolvere la questione.
Areva non si dimostra molto disposta a collaborare, infatti nella missiva del dicembre 2008 STUK rimprovera il costruttore sostenendo che gli esperti mandati da Areva al precedente seminario non avessero la necessaria competenza professionale per fornire sufficienti dettagli tecnici utili a chiarire i dubbi dell'Ente di sicurezza.
STUK fa inoltre notare che nel cantiere di Olkiluoto sono state riscontrate circa 2100 “non conformità” tra il progetto e ciò che veniva effettivamente realizzato.
Il 15 ottobre scorso una nota di STUK denuncia problemi di qualità nelle saldature dei condotti del reattore.
La polemica tra il costruttore, Areva, e il committente, TVO, è tale da spingere la ditta francese a minacciare la sospensione della realizzazione dell'impianto.

Subito dopo è l'Ente britannico, HSE'S ND, a proclamarsi preoccupato per la vicenda del sistema di controllo d'emergenza e chiede chiarimenti anche sulla sicurezza contro eventi esterni, per esempio in caso di incidenti aerei.
Le obiezioni dell'Ente britannico riguardano non solo l'EPR ma anche il prototipo nippo-americano AP-1000.
Nell'ottobre 2009 la ASN, l'Ente di sicurezza nucleare francese, comunica a EDF i suoi dubbi sul sistema d'emergenza e dà tempo fino al termine dell'anno per presentare documenti e informazioni che possano stabilire una volta per tutte se il progetto di Areva è sicuro o meno.

La scorsa settimana i tre Enti hanno rilasciato una dichiarazione congiunta dove ribadiscono le loro preoccupazioni inerenti alla progettazione del sistema di controllo d'emergenza e intimano ad Areva e ai committenti di rimettere mano al progetto.
Il clamore suscitato all'estero determina però la discesa in campo del Governo francese al fianco di Areva: il Primo Ministro François Fillon rilasciando un'intervista a Le Monde, risponde agli Enti sostenendo la validità del progetto di Areva, i cui manager godono della fiducia del Governo.
Fillon continua dichiarandosi sicuro che i problemi verranno risolti e che le centrali francesi saranno le più sicure al mondo.

Non sono molto d'accordo con Fillon le organizzazioni antinucleariste francesi, come Sortir du nucleaire, soprattutto dopo il recente incidente nella vecchia centrale di Tricastin.
La stessa EDF ammette che su 58 reattori situati in Francia 15 sono momentaneamente fermi: la manutenzione degli impianti e lo smaltimento delle scorie costano quasi quanto la rendita.

A casa nostra si muovono in difesa dell'EPR il deputato del PDL Scandroglio e il Ministro per lo Sviluppo Economico Claudio Scajola.
Il primo riferisce che le dichiarazioni degli Enti non devono essere strumentalizzate per tentare di bloccare l'iter nucleare italiano, il secondo sostiene la tesi di Fillon e aggiunge che quando sarà il momento di realizzare gli impianti in Italia i problemi saranno già stati risolti.

Al coro greco si aggiunge l'amministratore delegato dell'ENEL, Fulvio Conti, che assicura i cronisti del fatto che i richiami dei tre Enti non rallenteranno né la realizzazione della centrale di Flamanville né la realizzazione degli impianti italiani, dichiara inoltre che la querelle tra Areva e gli Enti dimostra come l'industria nucleare sia sicura perché sottoposta a controlli continui.
Adesso mi sento rinfrancato e siamo tutti contenti.
L'unica a piangere è Areva che ha visto scendere il valore delle sue azioni del 5%.


lunedì 9 novembre 2009

Bisturi allegri

In questo post gli ultimi sviluppi giudiziari sulla clinica del dottor Mengele, oh no scusate sulla clinica Santa Rita di Milano.
Bon apetit.

giovedì 5 novembre 2009

Le mille bolle bluff - ovvero: dell'economia malata

Parlare di economia malata è forse un controsenso allo stato attuale delle cose; una malattia presuppone un'anomalia transitoria di un 'corpo' altrimenti sano. Persino una malattia cronica prevede un mutamento di stato, da un 'prima' sano a un 'dopo' irrimediabilmente compromesso.

Quindi, parlare di 'economia malata' per l'attuale fisionomia del mercato, forse è sbagliato.
Eppure tutti parlano di crisi del capitalismo, ravvisandone le cause vuoi nella delegittimazione(1),vuoi negli eccessi della politica della briglia sciolta. E allora, questa crisi c'è o non c'è?
Ma certo che c'è! solo, è una crisi endemica, 'ontologica' se vogliamo, in ogni caso inscritta nel DNA del 'corpo' fin dalla sua nascita.

Il capitalismo 'liquido', come lo definisce Zygmunt Bauman(2), è assolutamente coerente coi suoi principi, e ciò comporta problemi globali che non solo non è in grado di risolvere, ma nemmeno ha il minimo interesse a farlo. Il capitalismo non si è ammalato; il capitalismo ammala. Ciò su cui prospera sono quei settori di 'economie non capitalistiche' ancora da sfruttare, ma che una volta spremute non permettono ulteriori manovre. Il meccanismo è quello di una coltura intensiva che non lascia nessun campo a maggese, e laddove il terreno risulta inaridito, viene subito abbandonato: il capitale, questo 'bisonte della strada'(3), è così libero di rimettersi a caccia di nuove terre vergini.

E', cioè, un'economia parassitaria e nomade, che si muove alla ricerca di corpi sani dei quali nutrirsi.
Questo tipo di sopravvivenza comporta sempre la distruzione dell' 'ospite', e quindi delle condizioni della sua prosperità. Di quì il nomadismo.
"La forza del capitalismo sta nella straordinaria ingegnosità con la quale cerca e scopre specie ospitanti nuove ogni qual volta quelle vecchie si estinguono", ci ricorda sempre Bauman.

Opportunista e veloce come un virus, egli si riadatta continuamente ai nuovi territori.
E' ormai assodato che "le avventure del capitalismo si presentano come una successione di bolle che regolarmente si espandono al di là della propria capacità di tenuta, e scoppiano non appena raggiungono il limite della resistenza"(4).
Il capitalismo è fatto di crisi, vive di crisi. Queste non sono da leggersi come segnali di un'imminente fine della fase capitalistica, ma solo dell'esaurimento dell'ennesima bolla-pascolo.

Forse l'interrogativo più inquietante, che saremo prima o poi costretti a porci, è: "quando si esaurirà l'elenco delle terre vergini?".
In altre parole, "quando l'espediente di breve respiro non sarà più applicabile, non apporterà più sollievo a una crisi ormai realmente irreversibile?" .

(1)Jurgen Habermas, Legitiomationsprobleme im Spatkapitalismus [1973]
(2)Zygmunt Bauman, Modernità liquida
(3)Terry Gilliams, cit in Globalizzazione, le conseguenze sulle persone, Z. Bauman
(4)George Soros, n° del 4Dic2008 in N.Y Review of Books- 'The crisis and what to do about it'


mercoledì 4 novembre 2009

Economia malata


Ancor più tristi tropici



Venerdì 30 ottobre se n'è andato, dopo un secolo di brillante esistenza, il padre dello Strutturalismo antropologico, Claude Levi-Strauss.
Il suo apporto nel campo non solo dell'antropologia ma anche della semiotica, della psicologia e della filosofia, è tale da poterlo annoverare tra gli intellettuali più rivoluzionari del novecento.


Ho conosciuto la sua opera al mio primo anno di università leggendo il capitolo di Tristi tropici dedicato ai Bororo, sperduta etnia amazzonica visitata da Levi-Strauss negli anni 30.
Il genio, il metodo e l'umanità di questo grande studioso ci hanno permesso di viaggiare in mondi ormai scomparsi.
Recentemente ha affermato a proposito di come vedeva il nostro futuro: "Non me lo chieda. Siamo in un mondo al quale già sento di non appartenere. Quello che ho conosciuto, che ho amato, aveva un miliardo e mezzo d'abitanti. Il mondo attuale ne conta sei. Non è più il mio. E quello di domani, con nove miliardi di uomini e donne - anche se ci assicurano, per consolarci, che si tratterà del punto più alto della parabola..."


Il mondo è cominciato senza l´uomo e finirà senza di lui.

Proprio nel momento in cui scompare il migliore antropologo che il mondo abbia conosciuto arrivano dall'Amazzonia notizie non proprio felici: Peacereporter annuncia la scomparsa ormai imminente di una intera tribù, gli Akuntsu.
Questa pacifica tribù selvaggia, una delle ultime, conta ormai solo 5 membri, sopravvissuti alla distruzione del loro territorio ad opera dei coltivatori di soia e degli allevatori che operano per conto delle grandi multinazionali alimentari.
Quindi pensateci la prossima volta che sarete in fila nella vostra automobile in attesa di un panino indigesto.



lunedì 2 novembre 2009

I media snobbano l'anniversario della morte di Pasolini

Ecco come funziona la rimozione collettiva.
Oggi cade il trentaquattresimo anniversario della morte misteriosa di uno dei più importanti intellettuali italiani e nessun giornale ne parla.
Allora ho deciso di farlo io.
Potete trovare il link al blog formalmente noto come l'Informale, per il quale scrivo.
Purtroppo ieri un'altra grande ci ha lasciati: Alda Merini.
Potremmo dire che il 2009 è stato un annus horribilis in tutti i sensi, vorrei ricordare che da poco se ne era andata anche un'altra grande donna della letteratura: Fernanda Pivano.
Ieri sera i telegiornali straboccavano di servizi "coccodrillo" inseriti casualmente tra servizi più o meno idioti tipo: come spalmarsi la crema contro le emorroidi o l'inchiesta sulle regole di Topo Gigio per non prendere la Suina ma assicurarsi una dermatite alle mani.
Il punto è: la morte di un intellettuale fa brodo per un giorno, quella di Michael Jackson sta diventando un poema omerico...
Aspetterò tutto il giorno che qualcuno in televisione parli di Pasolini ma qualcosa mi dice che aspetterò invano.