giovedì 5 novembre 2009

Le mille bolle bluff - ovvero: dell'economia malata

Parlare di economia malata è forse un controsenso allo stato attuale delle cose; una malattia presuppone un'anomalia transitoria di un 'corpo' altrimenti sano. Persino una malattia cronica prevede un mutamento di stato, da un 'prima' sano a un 'dopo' irrimediabilmente compromesso.

Quindi, parlare di 'economia malata' per l'attuale fisionomia del mercato, forse è sbagliato.
Eppure tutti parlano di crisi del capitalismo, ravvisandone le cause vuoi nella delegittimazione(1),vuoi negli eccessi della politica della briglia sciolta. E allora, questa crisi c'è o non c'è?
Ma certo che c'è! solo, è una crisi endemica, 'ontologica' se vogliamo, in ogni caso inscritta nel DNA del 'corpo' fin dalla sua nascita.

Il capitalismo 'liquido', come lo definisce Zygmunt Bauman(2), è assolutamente coerente coi suoi principi, e ciò comporta problemi globali che non solo non è in grado di risolvere, ma nemmeno ha il minimo interesse a farlo. Il capitalismo non si è ammalato; il capitalismo ammala. Ciò su cui prospera sono quei settori di 'economie non capitalistiche' ancora da sfruttare, ma che una volta spremute non permettono ulteriori manovre. Il meccanismo è quello di una coltura intensiva che non lascia nessun campo a maggese, e laddove il terreno risulta inaridito, viene subito abbandonato: il capitale, questo 'bisonte della strada'(3), è così libero di rimettersi a caccia di nuove terre vergini.

E', cioè, un'economia parassitaria e nomade, che si muove alla ricerca di corpi sani dei quali nutrirsi.
Questo tipo di sopravvivenza comporta sempre la distruzione dell' 'ospite', e quindi delle condizioni della sua prosperità. Di quì il nomadismo.
"La forza del capitalismo sta nella straordinaria ingegnosità con la quale cerca e scopre specie ospitanti nuove ogni qual volta quelle vecchie si estinguono", ci ricorda sempre Bauman.

Opportunista e veloce come un virus, egli si riadatta continuamente ai nuovi territori.
E' ormai assodato che "le avventure del capitalismo si presentano come una successione di bolle che regolarmente si espandono al di là della propria capacità di tenuta, e scoppiano non appena raggiungono il limite della resistenza"(4).
Il capitalismo è fatto di crisi, vive di crisi. Queste non sono da leggersi come segnali di un'imminente fine della fase capitalistica, ma solo dell'esaurimento dell'ennesima bolla-pascolo.

Forse l'interrogativo più inquietante, che saremo prima o poi costretti a porci, è: "quando si esaurirà l'elenco delle terre vergini?".
In altre parole, "quando l'espediente di breve respiro non sarà più applicabile, non apporterà più sollievo a una crisi ormai realmente irreversibile?" .

(1)Jurgen Habermas, Legitiomationsprobleme im Spatkapitalismus [1973]
(2)Zygmunt Bauman, Modernità liquida
(3)Terry Gilliams, cit in Globalizzazione, le conseguenze sulle persone, Z. Bauman
(4)George Soros, n° del 4Dic2008 in N.Y Review of Books- 'The crisis and what to do about it'


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